La fisica quantistica per spiegare gli archetipi di Jung

La fisica quantistica si avvicina alla psicologia e viceversa

La fisica quantistica si avvicina alla psicologia del profondo e soprattutto alle filosofie spirituali orientali molto più di quel che possiamo immaginare.

Innanzitutto la fisica quantistica è quella fisica che studia le leggi che regolano il comportamento del mondo alla scala atomica e subatomica.

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All’inizio del secolo Louis de Broglie postulò che non solo la luce, ma anche la materia ha una natura dualistica, cioè a volte si comporta da onda, a volte da particella.

Werner Heisenberg nel 1927 scoprì che c’è un limite fondamentale alla precisione con cui si può misurare la posizione e il “momento” di una particella che si muove. Per i digiuni in fisica come me, “il momento” in parole povere è una variabile dinamica che è estremamente utile per la descrizione del moto di una particella nello spazio. Heisenberg constatò che più si è precisi sulla posizione meno si è precisi sul momento e viceversa. Questo è chiamato il Principio di Incertezza di Heisenberg. In pratica in fisica quantistica non è possibile stabilire la posizione e la traiettoria di una particella.

L’equazione di Schrödinger

L’equazione di Schrödinger è una delle leggi più importanti della fisica quantistica. Tale equazione, che porta il nome del fisico austriaco che la formulò nel 1926, seguì alle ricerche di De Broglie sulla dualità onda-corpuscolo. Essa sta alla base della teoria ondulatoria della meccanica quantistica.

La sua risoluzione permette di trovare una funzione chiamata funzione d’onda ψ, in grado di descrivere lo stato di un oggetto quantistico. Si vuole definirne il sistema, cioè dove si trova, come si muove e a che velocità si muove.

Ma la soluzione dell’equazione di Schrödinger non ci dà la posizione precisa di un elettrone in un dato momento, non ci dà la traiettoria della particella, ma ci dà un valore in un dato momento per tutte le possibili posizioni attorno al nucleo.

In pratica l’equazione calcola la probabilità di trovare l’elettrone nello spazio intorno al nucleo.

La fisica quantistica è una teoria probabilistica

Le particelle subatomiche non esistono con certezza in posti definiti, ma piuttosto mostrano la “tendenza ad esistere”. Così determinati eventi non accadono con certezza ma mostrano la tendenza  ad accadere. Per esempio non si può prevedere dove si trova un elettrone di un atomo in un certo momento, perché la sua posizione è influenzata da forze attrattive del nucleo e dall’influenza degli altri elettroni. Possiamo solo stabilire che l’elettrone potrebbe trovarsi in varie parti dell’atomo, parlare cioè solo della tendenza dell’elettrone a trovarsi in una certa parte.

L’entanglement quantico

Un’altra scoperta della fisica quantistica è che non si può separare nettamente la funzione d’onda di un sistema di più particelle in componenti individuali.

Due particelle che una volta hanno interagito o che provengono dalla stessa sorgente, così che il sistema che esse formano è descritto da una singola funzione d’onda, possono rimanere misteriosamente collegate anche quando sono anni luce lontane. Questa misteriosa connessione è chiamata entanglement quantico. Quando accade qualcosa a una delle particelle collegate, qualcosa di corrispondente avviene nella particella partner anche se distante. Ma non si tratta di trasferimento di informazioni ad una  velocità superiore a quella della luce.

Ciò è sconvolgente e significa che  eventi che accadono in un punto qualsiasi dello spazio possono influenzare istantaneamente altri eventi che avvengono a distanza.

Interconnessione dell’universo

La teoria quantistica rivela così l’essenziale interconnessione dell’universo. Non è possibile decomporre il mondo nelle particelle essenziali indipendenti. Le particelle che compongono la materia non sono isolabili. Per Niels Bohr parlare di particelle di materia isolate è una pura astrazione, poiché le loro proprietà possono essere definite e osservate solamente attraverso la loro interazione con gli altri sistemi.

Esiste la materia solida?

David Bohm va ancora oltre e afferma che si deve capovolgere la nozione classica di una materia composta da parti elementari indipendenti. Piuttosto la vera realtà è l’inseparabile interconnessione quantica di tutto l’universo. Le parti di questo universo che mostrano un comportamento relativamente indipendente sono solo forme particolari all’interno del tutto.

A livello atomico, insomma, la materia solida studiata dalla fisica classica si dissolve in pattern di probabilità e questi pattern non rappresentano probabilità di cose ma di interconnessioni.

La realtà ultima non è fatta da singoli oggetti ma piuttosto da una complicata rete di relazioni tra le varie parti di un tutto unificato.

Il mondo perciò ci appare come un complicato intreccio di eventi, che si alternano e sovrappongono, combinando differenti tipi di connessioni, come in una rete cosmica.

L’osservatore e la sua coscienza

Nelle religioni orientali questa interconnessione universale include l’osservatore e la sua coscienza, e questo è anche vero per la fisica atomica.

Non possiamo parlare delle proprietà di un oggetto in se stesso. Le proprietà hanno un significato solo nel contesto dell’interazione dell’oggetto con l’osservatore. Il modo stesso di misurare e osservare l’oggetto determinerà le proprietà dell’oggetto misurato. Se si cambiano le modalità di misurazione cambiano anche le proprietà dell’oggetto osservato.

L’esempio classico è dato dall’osservazione di una particella subatomica. Come già detto precedentemente, possiamo scegliere di misurare la posizione e il momento della particella, ma vedremo che queste due proprietà non possono essere misurate con precisione simultaneamente. Questa impossibilità non è dovuta alle limitazioni degli strumenti tecnologici usati ma alla natura della realtà atomica. Se decidiamo di misurare la posizione della particella, questa non avrà un momento definito e viceversa se misuriamo il momento non avremo una posizione definita. La misurazione stessa cambia lo stato dell’elettrone. Lo scienziato osservatore non può osservare la realtà restandone distaccato ma diviene coinvolto nel mondo che osserva, al punto da influenzare le proprietà delle particelle degli oggetti osservati.

Esiste davvero il mondo esterno a noi?

Questo principio distrugge il concetto del mondo come “esterno” e al di fuori di noi, separato da noi.

L’universo è una rete di interconnessioni fisiche e mentali che sono definite solo attraverso la loro connessione con il tutto.

Non solo, ma a un livello subatomico non esiste dualità. Le particelle ad esempio sono insieme continue e discontinue, distruttibili e indistruttibili.

L’osservatore cambia la realtà

Per quanto detto finora, le strutture di base del mondo fisico sono perciò determinate dal modo in cui lo guardiamo. Ogni cambiamento dei nostri metodi di osservazione implica una modificazione delle proprietà degli elettroni. Addirittura le strutture dei fenomeni che osserviamo in natura sarebbero solo creazioni della nostra mente che misura e categorizza.

E questo viene a coincidere con il pensiero dell’Induismo che afferma che tutto il mondo esterno da noi percepito è una creazione della mente, emergente da un particolare stato di coscienza, sotto l’influenza del velo di Maya.

Le particelle sono onde o particelle?

Come già detto alcune scoperte fondamentali negli anni ‘20 (principalmente di De Broglie e Einstein) rivelarono la duplice natura, sia corpuscolare che ondulatoria, della materia e della radiazione elettromagnetica che comprende anche la luce. Anche gli elettroni, che si pensava fossero particelle, esibivano le proprietà delle onde. Viceversa, la luce che si era sempre pensata come onda, esibiva proprietà delle particelle. Einstein giustificò l’effetto fotoelettrico tramite l’esistenza di quanti di luce chiamati fotoni. Per risolvere il problema, Niels Bohr introdusse il principio della complementarietà, secondo cui il duplice aspetto delle onde e delle particelle non può essere osservato contemporaneamente durante lo stesso esperimento.

Il collasso della funzione d’onda

Torno a parlare della funzione d’onda che descrive il comportamento degli elettroni. Più precisamente la funzione d’onda descrive la probabilità di trovare il quanto nella sua forma corpuscolare. Una conseguenza di questo è che tutta la materia ha l’aspetto di un’onda e non si può dire se abbia una posizione definita in un dato momento.

Il collasso della funzione d’onda rappresenta il passaggio dalla “superposizione” cioè il fatto che l’elettrone occupa probabilisticamente molteplici posizioni, all’unica posizione dove l’abbiamo trovato all’atto dell’osservazione/misura. Cioè nel momento dell’osservazione e della misurazione la particella in qualche modo “decide” dove vuole restare. Quindi quando il quanto non è osservato è un’onda con una posizione probabile. Quando il quanto è osservato è una particella avente una posizione definita.

L’osservazione attualizza

L’osservazione è necessaria per trasformare il possibile in attuato. Prima dell’osservazione il quanto è descritto come un’onda di probabilità, mentre dopo l’osservazione solo uno dei possibili valori di probabilità si è attualizzato. Quindi l’osservazione comporta un “collasso” del sistema d’onda da un continuum di possibilità a un singolo valore attualizzato. Le leggi della fisica quantica non predicono però quale di questi possibili valori venga attualizzato, introducendo un elemento di acausalità nella teoria.

John von Neumann pensò che la coscienza è la causa del collasso dell’onda dalla possibilità all’attualità. L’atto dell’osservare è una scelta di un particolare valore di velocità tra tutti i possibili valori.

Eugene Wigner infine afferma che l’atto di osservare compiuto da esseri coscienti è in grado di trasformare una “probabilità di esistenza” in un’esistenza vera e propria. Ma allora la realtà è davvero soggettiva!

Questo può sembrare totalmente assurdo, perché i nostri sensi non lo percepiscono. Nella realtà di tutti i giorni, a livello macroscopico e non microscopico, noi non percepiamo le probabilità dell’esistenza delle cose e neanche la sovrapposizione di stati distinti. Nel mondo macroscopico sono ancora valide le leggi di Newton.

Analogie tra psicologia e fisica quantistica

Sembra che la complementarietà tra inconscio e conscio ci rimandi alla complementarietà onda-particella. Così come l’onda è l’aspetto del quanto inosservato e la particella è l’aspetto del quanto se osservato, così l’inconscio è l’aspetto della psiche inosservata e il conscio è l’aspetto della psiche se osservata. L’onda continuamente si diffonde attraverso lo spazio mentre la particella ha una localizzazione limitata. L’area dell’inconscio è enorme e continua, mentre l’area della coscienza è il campo ristretto della coscienza momentanea.

Archetipi e probabilità

La funzione d’onda del quanto quindi rappresenta le probabilità, in contrasto con la particella attualizzata. Similmente le strutture archetipali dell’inconscio rappresentano le fondamentali potenzialità delle manifestazioni psichiche, mentre i contenuti coscienti sono attualizzazioni di tali  potenzialità. Pauli chiamò gli archetipi possibilità primarie di reazioni psichiche. Questo suggerisce che l’Unus Mundus che sta dietro psiche e materia è un continuum di potenzialità. Queste possibilità o precondizioni solo quando raggiungono la soglia della percezione psichica assumono una specifica rappresentazione nella forma di immagine.

Pauli riteneva che quando gli archetipi operano nel mondo della psiche sono organizzatori dinamici di immagini e idee; quando operano nel mondo fisico sono i pattern della materia e dell’energia.

Pauli postulò l’esistenza di un ordine cosmico. Ordinatori e formatori di immagini simboliche, gli archetipi sono il ponte tra la percezione che avviene coi sensi e le idee e l’ordine cosmico.

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Archetipi come pattern fondamentali

In pratica gli archetipi agiscono come pattern dinamici fondamentali le cui varie rappresentazioni caratterizzano tutti i processi, sia mentali che fisici.

Nel regno della psiche gli archetipi organizzano immagini ed idee.

Nel regno della fisica organizzano le strutture e la trasformazione della materia e dell’energia.

Quando gli archetipi operano simultaneamente in entrambi i reami danno luogo ai fenomeni sincronici.

Secondo Pauli solo attraverso la conoscenza degli archetipi si può arrivare a una concezione più unificata dell’intero cosmo, in cui fisico e psichico sono aspetti complementari della stessa realtà, l’Unus Mundus postulato da Jung.

L’Ordine cosmico

Riassumendo, per Jung e Pauli  materia e psiche devono essere intese come aspetti complementari della stessa realtà, governata da comuni principi di ordinamento: gli archetipi. Ciò implica che gli archetipi sono elementi di un dominio al di là della materia e della psiche: la loro influenza giunge contemporaneamente in entrambi i domini.

Pauli arrivò alla conclusione che: “Dobbiamo postulare un ordine cosmico della natura al di fuori del nostro controllo a cui sono soggetti sia gli oggetti materiali esteriori sia le immagini interiori.

Jung e Pauli cercarono una teoria unificante che consentisse l’interpretazione della realtà come un tutto psico-fisico. Pauli pensava che la probabilità matematica potesse esprimere fisicamente ciò che si manifesta psicologicamente come archetipo ed evento sincronico.

Nella sua versione finale del saggio sulla sincronicità Jung scrisse che ”gli archetipi rappresentano probabilità psichiche”.

Il potenziale quantico di Bohm

David Bohm andò più avanti, riscrisse e riformulò l’equazione di Schrödinger inserendo un parametro fondamentale: il potenziale quantico Q. Il potenziale quantico trasforma la meccanica quantistica da teoria probabilistica a teoria deterministica.

L’elettrone infatti non si esplica casualmente ma si muove sotto l’azione di un “potenziale” (Q) che porta informazione dall’ambiente globale, attraverso connessioni non-locali, simultanee e sincroniche tra i sistemi quantistici. Tale “potenziale” guida l’elettrone in una traiettoria ben precisa e potenzialmente determinabile. Alla causalità si affianca quindi la sincronicità.

Si chiama teoria dell’onda pilota e mette in discussione l’immagine soggettivistica della realtà quale emerge dall’interpretazione standard della meccanica quantistica. Partendo dall’ipotesi che ciascun sistema fisico individuale sia composto da un corpuscolo e da un’onda che lo guida, Bohm mostrò che il movimento del corpuscolo sotto la guida dell’onda avviene in accordo anche a una forza quantistica, legata a una forma di energia chiamata potenziale quantico Q.

La funzione d’onda agisce proprio come un’onda pilota che guida la particella corrispondente, attraverso l’azione del potenziale quantico.

Il campo di forma

Proprio il potenziale quantico determina la non località dei processi microscopici, la comunicazione istantanea tra le particelle subatomiche e la sincronicità: il potenziale quantico informa ogni particella sul dove andare – come se dietro alla realtà fenomenica spazio-temporale fatta di materia ed energia, esistesse un piano nascosto che guida la particella e la unisce a tutte le altre particelle in un’unica simbiosi cosmica.

Questo potenziale che venne definito “campo di forma” soggiace a tutta la natura e alle sue componenti materiali, energetiche e psichiche.

Governa la danza sincronica di tutte le particelle, e anche i nostri corpi e le nostre psiche sono partecipi di essa. Questo campo sarebbe la mente (psiche) universale in comunicazione con tutte le particelle, e dunque anche la nostra psiche individuale è in comunicazione con l’Universo.

https://www.psychologytoday.com/intl/blog/connecting-coincidence/201508/jung-s-scarab-psychotherapeutic-technique

https://www.atopon.it/l-incontro-tra-lo-psicoanalista-jung-e-il-fisico-pauli/

http://www.thoughtsfromatherapist.com/2011/07/25/jung%E2%80%99s-theory-synchronicity/

 

https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/fisica-quantistica-e-realta-non-localita

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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