Ascoltiamo il bambino dentro di noi

IL BAMBINO DENTRO DI NOI
Tutti noi abbiamo provato la sensazione di sentirci schiacciati da emozioni negative. Spesso le emozioni negative che apparentemente non sono immediatamente correlate a fatti o situazioni del presente derivano da emozioni forti vissute nell’infanzia che si ripresentano da adulti, nostro malgrado, non appena incontriamo difficoltà nella vita quotidiana.
Se nella nostra infanzia siamo stati frustrati, rimaniamo in un certo senso con quel sentimento di rabbia “in sospeso”. Allo stesso modo, se qualcosa ci ha deluso, rimaniamo bloccati in un sentimento di tristezza e di ferita, se qualcosa ci ha sconvolti, rimaniamo con quel sentimento di paura e preoccupazione, se ci siamo sentiti terribilmente imbarazzati rimaniamo vergognati di noi stessi, e tutto questo nel nostro profondo, al di là dei problemi della vita attuale. Queste emozioni in sospeso diventano come i nostri punti deboli, pronte a manifestarsi non appena se ne presenti l’occasione. Per esempio, un modesto problema di lavoro, che potrebbe essere facilmente risolto con un po’ di impegno, si carica di un contenuto emozionale passato, per cui ai nostri occhi diventa irrisolvibile in quanto siamo travolti dalle nostre emozioni inconsce e dalle paure, come quelle di essere persone inutili, non adatte, immeritevoli e che certamente non saranno capaci di risolvere il problema.

Come si forma il bambino dentro di noi?
Un bambino che subisce un trauma non è capace di esprimere le emozioni come un adulto. Anche se capisce che gli viene fatta una cosa sbagliata un bambino si confonde perché la persona che ad esempio lo ha maltrattato o picchiato gli fa capire che si tratta di un atteggiamento giusto. Il bambino si confonde specialmente quando la persona che lo ferisce è qualcuno a cui lui vuole molto bene. La sua reazione è tenersi tutto dentro. Nasce un bambino dentro un bambino, o come la chiama Roberto Assagioli, una sub personalità, o un complesso di emozioni che rimangono bloccate e ne attraggono similari.
Il maltrattamento subíto provoca sentimenti di rabbia, paura, vergogna e soprattutto colpa. Sembra assurdo, un bambino si sente in colpa per tutto questo. Può avere paura di perdere l’amore del genitore, anche se è stato proprio questo a causargli la frustrazione. Può arrivare a sentirsi sporco e cattivo, e la causa di tutto quanto di negativo gli è accaduto, sia per averlo generato sia per non essere riuscito a fermarlo.
Un bambino non ha esperienza, non sa che fare per evitare una frustrazione, un bambino si fida delle persone che gli vogliono bene, perciò resta confuso di fronte ai maltrattamenti dei genitori.
Il bambino non esprime chiaramente tutte queste emozioni, ma le tiene nascoste dentro di sé, al punto che queste rimangono ancora lì, intatte, in un corpo da adulto, dopo venti o quaranta anni.

La nostra cultura occidentale ci ha insegnato generalmente a controllare queste emozioni intense, spiacevoli ed apparentemente assurde, evitandole. Mettendole a tacere, nascondendole anche a noi stessi, contrastandole immediatamente con qualcosa di piacevole. Ecco che questo comportamento apre la strada ad una dipendenza. Le dipendenze sono un modo automatico con cui mettere a tacere sentimenti spiacevoli ritenuti fonte di debolezza,o ingiustificati,o di cui vergognarsi. Un bicchiere di vino, ed il dolore sembra andare via, ma dopo l’effetto del vino il dolore si ripresenterà ancora più forte di prima.

Infatti, è proprio vero, la negazione delle nostre emozioni ne accresce il loro potere fino al punto che finiscono col dominarci. I bisogni insoddisfatti e le emozioni in sospeso tornano a manifestarsi nel presente e ci fanno assumere atteggiamenti che, agli occhi degli altri e di noi stessi, sembrano talvolta esagerati e fuori luogo. A chi non è mai capitato di reagire in modo eccessivo col proprio partner o col proprio collega, creando così delle situazioni di frattura e di incomprensioni che, col senno di poi, potevano essere tranquillamente evitate?

IL BAMBINO DENTRO DI NOI
Il materiale emotivo irrisolto diviene spesso causa anche di dolore fisico, malattia e malessere. La maggior parte delle nostre compulsioni distruttive e ossessioni, oltre che le dipendenze, sono espressione di ferite emotive profonde.
Per non parlare di quelle esplosioni di maleducazione che ci fanno essere cattivi cittadini, quando inveiamo contro un automobilista che ci fa prendere uno spavento, o con il vicino che ha fatto un po’ più di rumore del solito. Le emozioni del passato, tenute compresse e controllate, esplodono senza barriere, per poi magari divenire ulteriore momento di frustrazione.

La prima cosa che possiamo fare è ascoltarci.
Ascoltare il bambino dentro di noi e le sue paure, le sue frustrazioni e le sue ansie, permettergli di parlare e di esprimersi, metterci al suo posto e capirne le necessità e i bisogni insoddisfatti. Ascoltare senza giudizio o pregiudizio. Lasciar piangere tra le nostre braccia quel bambino disperato e provare a capire cosa vuole, consolarlo, cercare di accontentarlo.
Questo ascolto è il primo passo verso l’auto consapevolezza e l’auto guarigione. Infatti trattando il bambino con amore le sue ferite cominciano a guarire. Vuole solo attenzione, vuole solo esprimersi.
Il punto principale è ammettere e permettere a noi stessi di avere queste emozioni, accettarle come parte di noi e non evitarle e nasconderle. Quando semplicemente cominciamo ad ascoltarci stiamo dicendo a noi stessi che meritiamo attenzione e che vogliamo prenderci cura di noi stessi. Stiamo cominciando ad amarci.

Alexia Meli
autrice di
La ricerca di se stessi

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