ricordo del viaggio a londra nel settembre 2010

Placebo at Brixton Academy 27th-28th sept 2010

Quando al mattino mi alzo per recarmi all’aeroporto il mio primo pensiero è :”Ma chi me lo fa fare?!”

Mi do diverse risposte, che ho bisogno di una pausa dal lavoro, o meglio di una ricompensa, che devo circondarmi di cose piacevoli se voglio rispettare me stessa, e darmi piacere. Così non piagnucolo più. Andiamo.

A causa del collo dolorante apro gli occhi e guardo fuori dall’oblò: vedo il canale della Manica ed è chiaro che stiamo arrivando. È di un bell’azzurro. Si vedono delle spiagge. Che fine hanno fatto le bianche scogliere di Dover? Le avevo viste qualche volta, nei precedenti viaggi. Ecco si definisce chiaramente la sagoma della Gran Bretagna. La verdissima Gran Bretagna! L’aeroplano si sta lentamente abbassando, le nubi sono ancora sporadiche e i bellissimi campi verdi si vedono benissimo. Il serpentello del Tamigi che guizza tra le nuvole mi annuncia che stiamo sorvolando Londra. Andiamo oltre, e per raggiungere Stansted ci tuffiamo in una coltre fitta di nubi. Ecco, ora è un paesaggio tipico della Gran Bretagna.

L’aeroplano si abbassa e sorvola case, autostrade, parcheggi, industrie. Mi chiedo come deve essere vivere nei pressi di un aeroporto. Atterraggio perfetto: niente applauso, però! Qui non siamo in Sicilia. La musichetta gioiosa di Ryanair ci informa che tutto è andato bene e siamo in anticipo. Entriamo in aeroporto: l’impatto con la metropoli è immediato. Che siamo in una metropoli lo si intuisce dalle decine di lunghissime file per il controllo del documento e dal vistoso ciuffo di capelli fucsia della signora sessantenne che controlla la mia carta d’identità. Si, ma com’è che con tutte quelle migliaia di persone c’è più silenzio che nella piccola chiesa della mia città, nonostante il prete continui a urlare di fare silenzio in un luogo sacro? Qui si sente solo qualche bambino che piange e qualcuno che parla. Le persone sono molto tranquille e pazienti. Secondo me però, il rumore a Londra lo aspirano in qualche modo: per essere abitata da milioni di persone, a parte il rumore degli autobus, è molto silenziosa. L’altra lunghissima fila per salire su un pulman diretto alla stazione Vittoria mi fa pensare che Brian me la pagherà! Ma una vocina dentro mi rassicura: “Sono gioie e dolori, come tutte le cose.”

Ok, aspetto paziente. Finalmente si sale, l’attesa era resa più ardua anche dalla fame. Mentre divoro un panino osservo i due genitori seduti nella fila accanto alla mia. Qui la maggior parte dei genitori sono molto pazienti e non sgridano mai i figli. Anche questi non smettono un attimo di badare ad un irrequieto bambino di circa un anno, che non ha dormito neanche un minuto in due ore di viaggio. Il papà continua a tirar fuori giocattoli dalla borsa per cercare di non farlo piangere. Mi chiedo se queste attenzioni ricevute da bambino faranno in modo che non sarà mai un eroinomane da grande. Spero di sì, altrimenti tutta la psicologia che ho letto dice il falso.

Ecco le prime casette a schiera, e una lunghissima limousine rosa parcheggiata fuori. Il pullman gira l’angolo e finalmente rivedo apparire ai miei occhi la bellissima Londra: i suoi adorabili palazzi di mattoni e le finestre bianche, gli autobus rossi e le persone di tutte le razze che vanno di fretta ma dopotutto sembrano meno stressate di noi italiani. C’è ancora posto nella loro vita per un saluto, un sorriso, una buona parola. E quando il quadretto si completa con i caratteristici taxi neri o decorati so che ci stiamo avvicinando al centro e mi commuovo sempre per la sua incredibile bellezza. Si, piango, perché quella la sento sempre come la “mia“ città.

Una piccola pausa in hotel, guardo fuori dalla finestra: il cielo è grigio. La mia cara città mi accoglie affettuosamente con il suo stile, ma per me è sempre calda. Brixton mi attende ora.

Curioso, il ragazzo della reception mi chiede se sto andando ad uno spettacolo. “Si, a Brixton, a vedere i Placebo” “Oh Placebo!” mi risponde” I love Placebo!” E mi consiglia anche una band italiana che gli piace molto, gli Afterhours, credo, che io assolutamente sconosco.

Ormai per me è come un lavoro riuscire a capire cosa c’è nella testa di questo genio di nome Brian di cui mi sono innamorata. E per saperne sempre di più, non posso fare a meno di conoscere quello che è il suo regno, le sue origini, il suo background, la sua comfort-zone: la Londra musicale, i luoghi dove si esibiscono le bands, i luoghi più frequentati dai giovani. Dunque non posso mancare Brixton Academy, perché lui stesso ne ha parlato come il luogo dove era solito recarsi da giovane sognando un giorno di essere su quello stage a suonare. Un luogo di prestigio, nello scenario musicale londinese, e non posso non conoscerlo.

Ho deciso di andarci a piedi, considerando però che l’hotel è vicino la stazione Vittoria è un bella scarpinata. Ne sono cosciente, il fatto è che voglio passare da Vauxhall. Voglio vedere com’è e se c’è davvero il gay-village. Il posto sembra piuttosto anonimo e incasinato dal traffico, in più mi sono persa. Il fatto di essermi persa, ho riflettuto dopo a Brixton, con una pinta di birra in corpo, non è stato affatto negativo anzi mi ha permesso di notare la bontà della natura umana, perché un ragazzo a cui ho chiesto aiuto ha tirato fuori il cellulare col navigatore e anche se alle prese con la catena rotta della bici, non ha esitato ad aiutarmi. La mia parte buddista, e la birra, mi suggeriscono che è stato bello perdersi per poter essere aiutati. Dopo 2,2 miglia a piedi sono arrivata alla Brixton Academy alle 7:30 pm e c’è ancora ad aspettarmi la lunghissima fila per entrare. Siamo tutti vestiti normali, di pagliacci alla Trigger Happy Hand se ne vedono pochissimi. Anche io ho scelto una maglietta nera molto semplice. Le persone addette al controllo sono tutte gentilissime. La donna che mi guarda dentro la borsa mi dice che è addirittura “lovely”! Non so a cosa si riferisca, ma mi trattano tutti molto bene qui, ancora di più per la mia età. È bello essere una Madam qui a Londra, non mi sento vecchia e tutti mi rispettano. Del resto, il pubblico dei Placebo non è solo fatto di giovanissimi e giovani. Se ne vedono parecchi con le pance grasse ed i capelli bianchi, da soli o accompagnati da donne con i capelli evidentemente tinti. Le persone di qualunque età qui danno valore alla musica, è evidente che fa parte del loro dna.

Appena entro l’impatto è forte: è semplicemente bellissimo! Sembra che riproduca una arena, di stile italiano, o una piazza completa di portici e di facciate con balconi decorati, ed una passeggiata sulle delle mura antiche dove ci sono anche giardini. In alto ci sono i posti a sedere, come in un cinema. Guardando in tetto, si ha l’impressione che sia all’aperto. Ci sono i palloncini bianchi preparati per il finale ed una bandiera che sventola. Il mio biglietto è standing, dunque sono giù. Le luci e tutta l’ambientazione sono fantastiche. Il teatro non è molto grande, lo stage è ampio, il pavimento ha un dislivello che permette a tutti di godersi il concerto e quindi mi tranquillizzo: non ho bisogno di affannarmi per stare ai primi posti, comunque vadano le cose, Brian non sfuggirà alla mia vista.

Suonano i Little Fish. La ragazza è bravissima. Ha una voce potente e suona la chitarra con molta energia. È un concentrato di energia. Ho preso una pinta di birra. La lager londinese è speciale: ha degli effetti positivi ma non ubriaca. Il mondo comincia a sembrare diverso e più bello, e mi fa sognare. Le persone che mi circondano mi piacciono. Sono bravi ragazzi, si vede, chiedono sempre scusa per tutto, mantengono una certa distanza l’uno dall’altro. In mezzo a loro non mi sento affatto strana o fuori luogo. Loro sono così, i loro sguardi non esprimono né critica, né sorpresa né esclusione. Nessuno trova strana la mia esistenza. Non ho bisogno di giustificarmi per come sono. Grandioso! È proprio quello che amo degli abitanti di Londra.

Comincio ad immaginarmi la vita di Brian e dei suoi amici, di quando venivano qui e me li vedo quasi a scherzare con una pinta di birra in mano, lui truccato di tutto punto e con il fare effeminato, però sempre allegro e al centro dell’attenzione, là, come quel gruppetto di ragazzi laggiù o quello accanto a me. C’è un ragazzo truccato che gli assomiglia.

Gli Evaline mi piacciono anche. Ci danno sotto di brutto con le chitarre, mi faccio un’altra pinta. Più che musicisti sembrano dei combattenti, a giudicare dal modo in cui suonano quelle chitarre e la batteria. Esprimono rabbia e voglia di incazzarsi. Sarà per l’effetto della seconda birra ma mi viene da pensare che il mondo va avanti proprio perché i giovani si incazzano. Sono loro che lo cambiano e lo migliorano, anche se ammetto che a volte alcuni lo peggiorano. Se mettiamo insieme la rabbia dei giovani e la saggezza dei meno giovani, insieme possiamo andare davvero lontani. E da lì a quando finisco la birra la loro musica mi ha fatto già sballare: mi sento benone!

Ecco infine uscir fuori i nostri Placebo. Stefan sta ben con il vestito grigio scintillante che sembra di chiffon. Non di meno Brian con la sua usuale maglietta bianca ed il gilè. Steve è sempre a posto con il suo vestito di tattoo. Ci danno sotto con le chitarre. Già dal primo momento si capisce che non ce lo dimenticheremo molto presto. È tutto molto veloce, intenso, duro. “Sono dei maschiacci! “ mi viene da pensare. Trasudano sessualità, mascolinità ed energia da tutti i pori ed è bello guardare anche i muscoli delle loro braccia che si gonfiano per la forza usata per suonare le chitarre quasi fino a maltrattarle.

Il concerto è tutto d’un fiato, veloce, senza pause. Brian non si ferma, se non per bere, non dice niente, se non grazie. Credo che rimaniamo tutti incantati e ubriachi dal loro modo di suonare, sembra quasi che le chitarre si debbano rompere da come le maltrattano. Ma il ritmo incalzante è davvero da sballo e ci fanno divertire. Per effetto delle due birre e dello sballo, non me la sono scansata, mi è venuta la pipì. Non posso scollarmi da quella posizione, e da quelle braccia muscolose e dai loro sorrisi. Provo a trattenerla e questo mi dà quasi un piacere erotico. “I piaceri più strani me li fai provare tutti tu, Brian!” Diamine, che energia! Come ci fanno divertire con quelle chitarre!

Alla fine ho ceduto e sono scappata in bagno. Naturalmente ho perso il posto, ma ne ho trovato un altro più laterale niente male. Le persone sembrano educate, non si ammassano e non spingono. L’unico punto negativo, dopo la scarpinata, come vorrei togliermi le scarpe!

Avevano cominciato con Nancy Boy, Astray Girl, Battle for the Sun, l’adorabile Soulmates, Kitty Litter, l’incredibile Every You, Special Needs, in un crescendo sempre maggiore che non da spazio alla lentezza e al riposo. Il ritmo si fa sempre più incalzante con Breath Underwater da togliere il fiato, The neverending-why più scatenata che mai, Bright Lights, Meds, una nuova versione di Teenage Angst, e poi un attimo di tregua con la cover dei Nirvana “All apologies”. Sembrava proprio che Stefan e Brian fossero felici di essere lì e che loro, in prima persona, si stessero divertendo molto.

E dopo la cover, se non eravamo già abbastanza sballati, ci pensano loro a completare il tutto con le mozzafiato For What It’s Worth, Song to say Goodbye e per finire The bitter end che da quando ragionandoci su, ho deciso che parla di un suicidio, mi sembra ancora più trascinante.

Un attimo di pausa, escono fuori dei personaggi vestiti come il clown di Trigger Happy che con delle specie di cannoni a braccio, pure fumanti, sparano tra il pubblico delle magliette. Escono fuori di nuovo i nostri, proprio con il brano Trigger Happy Hand. Alla fine sembra che ci sfoghiamo tutti un poco dei nostri rancori con un bel grosso e musicale vaffan***o, e con quel give a f**k, anche se non capisco bene il senso, mi sento un poco più libera.

Poi i palloncini bianchi con la scritta Death and Fear sono piovuti dal cielo sui fortunati di fronte allo stage, alcuni si sono divertiti a farli scoppiare, altri li hanno trattenuti per ricordo. Ancora con Post blue ed Infra red vengono sparati nell’aria migliaia di pezzettini di carta bianca a mò di coriandoli che avvolgono tutta la platea in una nuvola bianca piena di riflessi colorati. Ho raccolto e conservato gelosamente tutti i pezzettini che mi sono volati addosso. Non ho fatto molte fotografie. Mi dispiace, sono stata molto egoista, tutti i bei momenti, le espressioni di Brian e Stefan (gli unici che riuscivo a vedere) e i loro sorrisi me li sono impressi nella mia mente e lì resteranno per sempre.

Forse eccitati dal f**k alcuni ragazzi hanno cominciato a litigare e a spingersi, ed ecco che quasi mi vedo finire addosso, spinto da questi maleducati, il mio amico di facebook anche lui accanito fan dei Placebo. Peccato che ci hanno respinti lontano l’uno dall’altro e poi ero troppo impegnata a godermi una sballante Taste in men, dai suoni contorti e prolungati che ci fa ….si, proprio così, ci fa sentire grati delle belle emozioni che abbiamo provato e vogliamo ringraziarli. E’ stato come fare l’amore. Gli applausi sono forti e sinceri e i nostri sinceramente sembrano commossi.

Sulla metro l’idea di aver bevuto due birre a digiuno non mi sembrava poi così brillante, a giudicare dalla nausea che mi sentivo.. Ragazzi e ragazze, alcuni mascherati, altre con i palloncini in mano, ancora commentavano il concerto.

Il giorno dopo Londra mi accoglie con il suo casino. Specialmente la zona della stazione Vittoria è frenetica e superaffollata. Trovo rifugio in un bellissimo parco, Sant James’ Park. E’ davvero un paradiso, con gli scoiattolini che quasi ci vengono addosso perché si aspettano cibo. Gli animali sono molto socievoli, e le persone tranquille. Da considerare che molti sono turisti. Ma non solo. Seduta accanto a me c’è una donna con un bambino ed un distinto signore in abito blu, simbolo di lavoro amministrativo, viene di corsa per sedersi con lei e giocare col bambino. Non posso fare a meno di pensare ancora ai miei figli e a Brian e Cody. Magari sono qui, anche loro?

Questa volta ho deciso di andare a Brixton in autobus. Beh, stavolta la vedo con una luce diversa. Tutta la zona fino all’Accademy non è poi così male! E Brixton poi è proprio vivace! Merita una visita più particolareggiata la prossima volta. Per adesso devo andare al concerto. Oggi viene filmato.

Sono ancora più scatenati e più aggressivi. Tutto è bellissimo come la sera precedente, se non addirittura di più, perché sembra che ci sia più scambio di affetto tra il pubblico e la band. Il pubblico sembra più caloroso, e Stefan aveva la faccia quasi stupita entrando sullo stage. Si è avvicinato a noi e ci ha regalato un dolce e luminoso sorriso che ci mostrava la sua evidente felicità. Anche Brian sembrava contento, (forse qualche volta si è messo in posa e ha sorriso sempre per la riuscita di un bel filmato….)ma il più delle volte i suoi sorrisi e gli occhi luminosi di gioia e dolcezza erano spontanei. Addirittura ha riso! Anche Steve e gli altri avevano le facce emozionate nei saluti finali.

Ho l’impressione che non solo loro ci hanno fatto felici, ma noi siamo riusciti a ricambiare, li abbiamo resi felici. E questo è semplicemente il massimo.

Purtroppo, non ho altro modo per concludere che ripetere delle banalità: I love Placebo e Placebo rocks.

Sono davvero grandi, sono cresciuti sempre di più, e se, come mi ha detto mio figlio, Placebo viene dal latino e significa” io ti darò piacere”, direi proprio che negli anni hanno mantenuto le promesse. Grazie Placebo.

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