LA MIA BENEFICA OSSESSIONE SI CHIAMA PLACEBO

Rock music e psychoanalysis Curioso come leggendo per motivi di tutt’altra natura i libri dello psicologo italiano Roberto Assagioli, fondatore della psicosintesi, mi accada spesso di trovare degli elementi che mi aiutano a capire il perché… perché amo così tanto i Placebo, la rock band britannica composta da Brian Molko, Stefan Olsdal e Steve Forrest. Curioso come la passione a volte ossessiva per questo gruppo mi abbia portato alla necessità di capire quali meccanismi stavano avvenendo nella mia mente e a scoprire, durante la mia ricerca incoerente, proprio la teoria e la tecnica sviluppata da Roberto Assagioli che ha dato spiegazione a molti miei perché. Direi dunque che devo ai Placebo la passione per la psicosintesi, il mio interesse per la psicoanalisi, i miei studi di psicologia.

Perché benefica ossessione?

Conosco la musica dei Placebo ormai dal 2003 e dal momento in cui ho ascoltato un loro cd non è passato giorno senza ascoltare una loro canzone, o se per motivi di lavoro non ho avuto il tempo di farlo, ne ho ascoltato il doppio il giorno dopo. Proprio come una medicina o una droga, una sostanza di cui si ha bisogno. E qui sta il punto, il bisogno. Io ne ho bisogno. Io ho bisogno dei Placebo per vivere. Ho il computer pieno di foto della band e soprattutto di Brian. A volte, quando ho bisogno di concentrazione o ispirazione, ne scelgo qualcuna e la osservo per diversi minuti. A volte esploro il web alla morbosa ricerca di qualcosa che mi parli di lui, specialmente qualcosa di attuale. Una foto più recente, un segno della sua attuale esistenza. Le foto mi parlano di lui. Esploro o scandaglio il suo sguardo, la sua espressione, il suo sorriso, i suoi movimenti, le sue parole non con l’intento di trovarne i difetti ma con quello di scoprirne i segreti. Si, perché io voglio possederne le qualità, io voglio essere come lui. Ed Assagioli ha dato una spiegazione a questo bisogno che apparentemente, con un approccio superficiale, potrebbe sembrare esagerato se non addirittura ridicolo, frutto di infantilismo e di rifiuto di crescere. Tutt’altro, il mio comportamento esprime invece il bisogno di crescere. Assagioli me l’ha spiegato parlando della sua tecnica del”modello ideale”.

Il modello ideale

Il modello ideale in psicosintesi è essenzialmente un’immagine, una visione, o semplicemente la comprensione o la sensazione di come desidereremmo essere nella vita. Una consapevolezza che dà direzione e guida per il cambiamento e la crescita desiderati, per seguire il proprio personale cammino di auto-realizzazione. Il modello ideale non è idealizzato o irrealistico ma semplicemente una coscienza realistica di quale possa essere il prossimo passo nel cammino verso l’auto-realizzazione. Ho appreso anche dell’esistenza di un inconscio superiore dove risiedono le nostre qualità “più alte”, che cercano di esprimere se stesse ma che spesso vengono da noi stessi represse e negate. E che in determinate occasioni,(un concerto rock perché no?)possiamo vivere delle esperienze così intense da venire in contatto con i contenuti dell’inconscio superiore, che in un certo senso rappresenta un nostro essere in potenza, quello che potremmo essere ma che ancora non siamo, anche perché non ne abbiamo ancora coscienza. Mi è stato chiaro, per l’ennesima volta andando a Londra a vedere un suo concerto, questa volta all’Indigo2, che Brian è per me una specie di guru, perché lui, e solo lui, possiede ed ha attuato quelle che sono le mie potenzialità non ancora attuate ma a cui io tendo con tutte le mie forze. Ecco perché dico che Brian attua quello che io sono in potenza, ecco perché Brian è una estensione ed un’espansione di me, ecco perché me lo sento dentro e permea tutto il mio essere. Per tanti mesi prima di quel concerto le mie giornate erano state piene di pensieri di morte. Ogni mio giorno è una battaglia contro la depressione e la morte interiore. Quando ho rivisto Brian a Londra, perfetto come sempre, pieno di sensualità e di energia, ogni piccola cellula del mio corpo si è risvegliata e ridonata alla vita e ho sentito di rinascere. Ho provato ogni sorta di emozione, eccitazione sensuale, orgoglio, determinazione, gli ho chiesto aiuto, gli ho chiesto il permesso di prendermi un po’ della sua energia, ho sentito che la stava donando con piacere, l’ho ringraziato per il suo dono, l’ho ringraziato per avermi ancora una volta salvato la vita ridandole un valore ed un obiettivo, per avermi fatto sentire ancora viva. Ancora una volta ho percepito e ho preso da lui, quasi per osmosi, le qualità che vado cercando di cui ho bisogno. Quanto ammiro tutto il suo essere, l’unione in lui del maschile e femminile. Adoro le sue qualità femminili di sensualità, dolcezza, e delicatezza. Il suo modo di camminare, il suo essere depilato, il suo viso androgino. Non conosco un uomo più sexy di Brian. La sua sensualità è complessa, come complessa tutta la sua personalità, perché Brian da femminile, ricettivo, bisognoso, inerme, fragile, un attimo dopo diventa forte, aggressivo, determinato, ambizioso, maschile. E lo stesso direi di Stefan e Steve. Sono innamorata dei Placebo e non riesco a descrivere esattamente cosa sia. Io li voglio, ma soprattutto io voglio essere come loro. Una parte di me vive attraverso di loro e attraverso di loro si esprime. Credo che Brian troverebbe questo triste e abbastanza scontato, ma è la dura realtà. La sua arroganza, la sua determinazione e la sua mascolinità mi inebriano. Li adoro per il loro lato femminile, ma ciò di cui ho veramente bisogno è il loro lato maschile. Li ammiro moltissimo per la loro forza interiore, per la loro determinazione, la volontà di dare il massimo, di essere sempre migliori e rimanere se stessi, di dare, ma anche il coraggio di confessare di sentirsi svuotati dal dover dare, di sentirsi a volte stanchi e depressi. La loro ambizione, termine che a qualcuno potrebbe sembrare disturbante ma è da intendersi con un significato positivo, è quello che mi fa sentire viva e mi da la forza di andare avanti in questo posto dove invece non esiste che l’approssimazione, il relativo, il momentaneo, l’egoistico, dove non si hanno ideali né ambizioni, dove l’inconscio superiore è negato, dove è difficile vivere. Io ho bisogno della presenza di Brian per sentire me stessa. Io ho bisogno di lui per vedere il mio destino, il punto a cui tende la mia evoluzione interiore. Curioso come nell’ultimo concerto a Liverpool incidentalmente Brian abbia citato suo fratello come la personificazione di Michael Douglas. Curioso perché Michael Douglas, per motivi che non so spiegare bene, è proprio l’attore americano che odio di più. L’artista da me più amato e quello da me più odiato sono fratelli, e questo rende la cosa filosoficamente interessante. Che sia un messaggio su cui riflettere? English version:

My “beneficent obsession “ is called Placebo.

It’s curious that reading for quite different reasons the books of the Italian psychologist Roberto Assagioli, founder of psychosynthesis, I often happen to find out those elements that help me understand why…why I so badly love Placebo, the British rock band composed by Brian Molko, Stefan Olsdal and Steve Forrest. It’s curious that the passion, sometimes obsessive, for this band has urged me to understand what mechanisms were acting in my mind until finding out, after a series of incoherent researches, the theory and technique developed by Roberto Assagioli, which has explained many of my questions. I must say therefore that my passion for psychosinthesis, psychoanalysis and my studies of psychology are due to my love for Placebo. Why beneficent obsession? I’ve been listening to Placebo’s music since 2003 and since the first moment I heard one of their cds I’ve spent no day without listening to one of their songs. When for work I had had no time to do it, I had listened a double dose the day after. Quite like a medicine or drug, a substance one needs. And here it’s the point, the need. I need Placebo to live. My computer is full of photos of the band and mostly of Brian. Sometimes, when I need concentration or inspiration, I choose one of them and watch at it for several minutes. Sometimes I explore the web morbidly looking for something that speaks of him, especially something recent. New photos, a sign of his present existence. Pictures talk me of him. I explore and plumb his gaze, the expression of his face, his smile, his moves, his words not with the intention of finding his defects but of discovering his secrets. Yes, because I aim at owning his qualities, I want to be like him. Assagioli has given explanation to this need which apparently, through a shallow approach, might seem excessive if not ridiculous, result of childishness and rejection of growing up. Far from it, my behavior expresses instead the urge of growing up. Assagioli explained to me through his technique of the ”ideal model”. The ideal model in psychosyntesis is basically an imagine, a vision, or simply the comprehension or the feeling of how we would like to be in our lives, an awareness which provides direction and guide to the change and the growth wished, in order to follow one’s own path of self-realization. The ideal model is not idealized or unrealistic but it is simply a realistic awareness of what may be the next step in the path towards self-realization. I’ve also learnt of the existence of a higher unconscious where our “higher” qualities reside. They seek to express theirselves but very often they are restrained and denied by ourselves. And that in special occasions, ( a rock concert, why not?) we may live experiences of such intensity to come in contact with the contents of the higher unconscious, which in a way represents our being in potential, what we may be but still are not, also because we are not aware of it. It was clear, once again going to London to see a concert of them, this time at the Indigo2, that Brian is for me a kind of guru, because he, and only he has got and has actualized what are my potentialities still not actualized to which I tend with all my strengths. For some months before that concert my days had been full of thoughts of death. Every day of mine is a battle with depression and inner death. When I saw again Brian in London, perfect as always, filled with sensuality and energy, every small cell in my body woke up and gave to life and I felt to be born again. I experienced any sort of emotion, sensual arousal, pride, determination, I asked him for help, I asked him the permission to take some of his energy, I felt he was giving it with pleasure, I thanked him for his present, I thanked him again for saving my life giving it back a value and a purpose, and for letting me feel alive again. Once again I perceived and took from him, almost through osmosis, the qualities I need which I’m looking for. I admire the whole of his being, the union in himself of male and female. I love his female qualities of sensuality, sweetness, and gentleness. His way of walking, his being shaved, his androgynous face. I don’t know a man who is sexier than him. His sensuality is complex, as complex is his entire personality, because Brian from female, receptive, needy, helpless, fragile turns to strong, aggressive, determinate, ambitious, male. And I’d say the same about Stefan and Steve. I’m in love with Placebo but I don’t know exactly how to describe what is it. I want them, but mostly I want to be like them. A part of me lives through them and through them it finds expression. I know Brian would find it sad and extremely trivial, yet it is the truth. His arrogance, his determination and his maleness intoxicate me. I love Placebo for their female side, but what I really need is their male side. I love them very much for their inner strength, for their determination, for their desire to give the best of theirselves, to be better though being theirselves, to give, but also the courage of confessing to feel drained from having to give, to feel tired and sometimes depressed. Their ambition, term that someone may find disturbing but it is to intend in a positive way, is what makes me feel alive and give me the strength to go on in this place where there are only the proxy, the relative, the momentary, the selfish, where you can’t have ideals or ambitions, where the higher self is denied, where it is difficult to live. I need the presence of Brian to feel myself. I need him to see my destiny, the place my inner evolution points at. How strange that in the last concert in Liverpool incidentally Brian quoted his brother as the personification of Michael Douglas. Curious because Michael Douglas, for reasons I myself cannot explain well,  is the American actor who I hate the most. The artist I most love and the most hated one are brothers, and this makes it philosophically interesting. Might this be a message to ponder? Alexia Meli autrice di La ricerca di se stessi Verso una nuova identità

2 Risposte a “LA MIA BENEFICA OSSESSIONE SI CHIAMA PLACEBO”

  1. Ciao Alexia, sono rimasta davvero colpita da questo post. Ho cercato il tuo contatto sul blog, ma non sono riuscita a trovarlo. Sei riuscita a spiegare perfettamente le mie sensazioni con le tue semplici parole. Hai fatto un’analisi perfetta mettendo in ordine il groviglio di pensieri contrastanti che ho nel cervello da tempo. Sai, vorrei approfondire con te il discorso. Ovviamente sono capitata qui perchè, come te, “…a volte esploro il web alla morbosa ricerca di qualcosa che mi parli di lui, specialmente qualcosa di attuale. Una foto più recente, un segno della sua attuale esistenza…”
    Questa cosa mi sta letteralmente facendo impazzire. Se avrai tempo e voglia, fammi sapere cosa ne pensi. Sarei davvero curiosa di condividere questi pensieri con te. Ciao!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.