Conoscere gli archetipi
Torno a parlare di Jung, questa volta degli archetipi. Mi sembra sempre molto attuale e utile in questo periodo di cambiamento generale. Ormai da più parti ci è stato detto che dobbiamo cambiare se vogliamo sopravvivere. Cambiare lavoro, stile di vita, convinzioni, abitudini. Ci aspetta un lavoro impegnativo. Per cambiare veramente bisogna conoscersi a fondo.
Ma perché a volte non si riesce ad ottenere il risultato voluto? Perché si continua a ripetere lo stesso comportamento e lo stesso errore, anche se si è deciso di cambiare? Perché sembra che non si possa sfuggire al proprio destino? Questo può avvenire sia a livello individuale che collettivo.
Potrebbe essere che, come dice Jung, siamo posseduti da un archetipo, che non si discosta molto da quello che Assagioli definisce essere identificati in un ruolo.
Il risultato di questa inconscia identificazione è che un archetipo domina la nostra parte cosciente e ci “costringe” a seguire un pattern di comportamento.
Conoscere gli archetipi attivi in un determinato momento della nostra vita e con cui ci identifichiamo ci svela parte del nostro inconscio, bisogni e aspirazioni, complessi e cristallizzazioni e anche il grado di autoconsapevolezza a cui siamo arrivati.
Che cosa sono gli archetipi?
Cos’è un archetipo? Jung definisce l’archetipo una rappresentazione mentale primaria, che fa parte dell’inconscio collettivo e si manifesta in simboli presenti in tutte le culture e in ogni epoca storica. L’archetipo è “il prodotto delle esperienze primordiali dell’umanità relative agli aspetti fondamentali della vita”.
Gli archetipi in sé non hanno forma ma si esprimono attraverso immagini e metafore, sogni, fantasia, mitologia, arte. Una delle loro caratteristiche è il loro carattere di “numinosità”, cioè hanno un potere misterioso e trascendente che causa una alterazione della coscienza.
Jung credeva che queste immagini archetipali avessero una fondamentale importanza per la crescita dell’individuo. Cominciò a elaborare l’idea che le evoluzioni della psiche procedessero attraverso una serie di frammentazioni e integrazioni psichiche. Le immagini archetipali servono a mettere in evidenza queste attività e a preparare l’io cosciente a nuovi adattamenti al mondo o all’integrazione di materiale inconscio.
Caratteristiche fondamentali degli archetipi
Jung descrisse tre caratteristiche fondamentali degli Archetipi:
il carattere inconscio nel senso della loro origine dall’lnconscio Collettivo;
l’autonomia: esse si manifestano in modo del tutto indipendente e autonomo dalla coscienza, volontà e cultura del soggetto;
la numinosità: con questa parola Jung voleva sottolineare che tali immagini possono esercitare sulla coscienza e sulla volontà del soggetto una grande influenza per la loro intensità, cioè per la forza che possiedono. Ma anche per la loro estraneità, cioè per la profonda diversità e novità rispetto alle normali esperienze della coscienza e della quotidianità. Le immagini archetipali infatti sono a volte dotate di tale saggezza da illuminare la coscienza verso nuove conoscenze ed esperienze, ma anche di atterrirla e sconvolgerla.
Quando la coscienza incontra l’Archetipo
L’esito dell’incontro tra l’Immagine Archetipica e la coscienza dunque può essere duplice:
la coscienza ne è arricchita, perché da questo incontro scaturisce un processo di trasformazione che ne allarga gli orizzonti e le mete;
oppure la coscienza ne è disorientata, fino alla possibilità di scissioni vere e proprie.
Jung ritiene indispensabile per l’esperienza del numinoso una predisposizione a credere in una potenza trascendente. Numinosa è quindi l’esperienza d’incontro col sacro nascosto, col senso non ancora svelato.
Secondo Jung gli archetipi non possono essere totalmente integrati perché conservano in qualche modo una loro autonomia. Riconoscerli dentro di noi, però, ci può insegnare molto di noi stessi.
Siamo in un periodo di cambiamento e cambiamento significa adattamento a nuove condizioni, dopo aver abbandonato le vecchie. Nel processo di evoluzione dell’intera umanità collettivamente si manifestano bisogni e aspirazioni, di cui gli uomini prendono coscienza tramite le loro proiezioni archetipali.
Archetipo dell’eroe
La civiltà occidentale è ossessionata da secoli dall’archetipo dell’eroe. Ce ne accorgiamo anche se guardiamo la maggior parte della produzione cinematografica hollywoodiana.
L’eroe, visto come la personalità ideale, viene simbolizzato mitologicamente come qualcuno che combatte contro problemi che superano le normali capacità umane. Simboleggia l’alba della consapevolezza nell’essere umano. La sua impresa primaria è sconfiggere il mostro del buio, e quindi simboleggia il trionfo della coscienza sull’inconscio. (The Psychology of the Child Archetype)
Mitologicamente, l’obiettivo dell’eroe è trovare il Tesoro, la principessa, l’elisir di lunga vita ecc. Psicologicamente queste sono metafore che rappresentano i veri sentimenti di ciascun essere umano e il suo potenziale. Nell’impresa dell’eroe, che in termini junghiani simboleggia il processo di individuazione, lo scopo è assimilare contenuto inconscio per riuscire a dominarlo, impedendo quindi di esserne dominati. Solo colui che riesce ad affrontare e superare le proprie oscurità può dire di essere padrone di se stesso.
Jung credeva che l’archetipo dell’eroe fosse il più antico e il più potente di tutti gli archetipi e riteneva che le figure religiose come Buddha, Cristo e Maometto fossero le sue varie personificazioni. Credeva anche che ogni individuo avesse una naturale tendenza alla ricerca dell’individuazione o della pienezza dell’essere.
Il viaggio dell’eroe
Il viaggio dell’eroe alla conquista di qualcosa è in definitiva un viaggio verso l’auto-integrazione. La destinazione finale che Jung chiamò individuazione è lo stato di pienezza che implica l’unificazione degli opposti.
Con il processo di individuazione tendiamo a riconciliare gli aspetti inconsci della psiche con la coscienza o Io. Quando un eroe uccide un mostro sta combattendo un aspetto dell’inconscio, come lussuria o rabbia, per controllarlo. O, in altre parole la mente razionale cerca di integrare la mente animale e istintiva.
L’eroe ariano Siegfried di cui parla Jung nel suo Libro rosso è il prototipo dell’eroe Nietzschiano, presente nell’inconscio di ciascuno di noi.
Nietzsche aveva una vena profondamente eroica nella sua anima, infatti l’archetipo dell’eroe è diventato un fondamento nella sua vita e nella sua filosofia grazie anche all’amicizia con il compositore Wagner che raccontava il “viaggio dell’eroe” nei suoi drammi musicali.
L’eroe deve ristabilire l’equilibrio
L’archetipo dell’eroe si attiva e viene proiettato all’esterno per esprimere il bisogno della persona di superare un conflitto o una situazione critica, ristabilire l’equilibrio, riaffermare la propria autonomia, la propria libertà e indipendenza.
In sé l’archetipo dell’eroe, come tutti gli altri archetipi, non è negativo.
Non lo è neanche il pensiero di Nietzsche, dove la coincidenza degli opposti è la forza che spinge un essere umano a divenire l’Übermensch (superuomo), dove tutti gli opposti sono fusi in una unità armonica, conscio e inconscio, bene e male, terra e cielo e l’uomo può esprimere tutto il suo potenziale.
La riaffermazione dell’equilibrio è proprio l’essenza dell’auto-guarigione. Un essere umano diviene indiviso, non più diviso. Nel processo di diventare quello che si è, l’Übermensch unisce ragione e passione, ordine e caos, disciplina e estasi. Diventare uno e libero significa però essere solo, rompere per sempre il cordone ombelicale con la madre. Il superuomo di Nietzesche assomiglia molto all’uomo di Jung che attraverso un lungo processo, diviene veramente se stesso, un individuo.
essere dominati da un archetipo
Come ci spiega Jung, il problema con gli archetipi nasce quando attorno a quello che essi rappresentano si viene a formare un complesso, cioè una specie di nodo, un groviglio di sentimenti e credenze inconsce che si rivelano attraverso il comportamento. Dal momento che quello che è inconscio tende ad essere proiettato sugli altri, cioè attribuito ad altre persone o a situazioni esterne, la proiezione può portare ad una percezione distorta della realtà e delle persone.
La persona viene dominata dagli archetipi tramite un processo inconscio di totale identificazione con gli archetipi stessi.
Ad esempio l’identificazione con l’eroe soddisfa un bisogno, particolarmente forte nell’età giovanile, di raggiungere l’indipendenza psicologica. L’eroe archetipale emerge dall’inconscio come un sole, e brilla di “numinosità”. Ma quello che potrebbe essere l’inizio di un processo di individuazione e quindi di indipendenza diventa negativo a causa della totale identificazione con l’eroe, e cioè la sua emulazione che in definitiva impedisce lo sviluppo reale della personalità.
Spesso il mito dell’eroe comporta il sacrificio della sua vita perché l’obiettivo venga raggiunto, quindi una inconscia identificazione con l’archetipo dell’eroe a volte può portare a conseguenze disastrose.
Quando l’identificazione diventa imitazione
Jung ad esempio sottolineò come l”Imitatio Christi”, cioè l’emulazione della vita di Cristo avesse portato le persone nei secoli a vivere vite piene di sofferenza e depressione. E’ legittimo che un fedele voglia vivere la vita come il suo maestro, ma è anche vero che ognuno ha la sua vita e imitare Cristo significa vivere seguendo i suoi principi non riprodurre la sua vita.
C’è poi anche Icaro, l’eroe punito per la sua tracotanza, cioè l’aver osato sfidare gli dei, e l’antieroe che è un personaggio a cui mancano le buone qualità dell’eroe ma che spesso finisce col fare la cosa giusta attraverso un percorso oscuro e moralmente dubbio. C’è Superman, l’eroe venuto da un’altra galassia, che si fa carico di combattere il male nel mondo.
E poi l’eroe sfortunato Paperino, con cui ci si potrebbe identificare magari solamente per odio verso il capitalismo rappresentato da Paperon dè Paperoni, l’arciricco e avarissimo zio.
Si potrebbe scegliere di identificarsi con Pippo, lo sciocco e maldestro amico di un Topolino troppo arrogante e presuntuoso, che vuole vincere a tutti i costi.
Ci si potrebbe identificare nel rocker maledetto come Kurt Cobain, l’uomo che si sente negato e vuole uscire dal sistema, l’uomo che finisce la sua vita con suicidio. Oppure con l’uomo decadente che, come Baudelaire, è un reietto, un escluso dalla società benpensante, un emarginato.
Perfino con Hitler, con Mussolini, eroi sfortunati puniti per la loro eccessiva arroganza e la loro follia, non-eroi, o eroi falliti, con Silvio Berlusconi che si presenta come l’eroe perseguitato dall’ingiustizia e dall’incomprensione.
O con l’eroe che vuole affermare la sua identità col disprezzo di tutte le leggi e le regole, colui che “se ne frega” delle leggi della società e che ritiene di avere il diritto per farlo.
Oppure con il cercatore, il mago, il saggio, il re, con Siddharta il viaggiatore, l’eremita, lo sciamano, o il creatore.
A ciascuno il suo. In relazione alla propria esperienza ognuno può scegliere di identificarsi in un ruolo, ma quel che è peggio, rimanerci per sempre e farlo diventare il proprio destino.
La proiezione
Non è difficile comprendere che proiettiamo sugli altri la nostra Ombra, o i nostri complessi legati a forme archetipali, ma proiettiamo anche i nostri lati positivi quando non diamo loro ascolto ad esempio per mancanza di autostima?
La proiezione, secondo Jung, avviene quando una persona vede in un’altra qualità che essa stessa possiede. Questo fenomeno avviene giornalmente nelle relazioni e negli incontri: quando una persona si convince che le qualità orribili che vede nell’altro non hanno a che fare con se stesso è molto probabile che ci sia una proiezione in atto. Questo non significa che le qualità non siano effettivamente presenti nell’altro, ma significa che esistono anche nella persona che le osserva e che probabilmente le rifiuta.
Quello che attrae due persone è che ognuno possiede quello che vuole l’altro, sebbene ognuno già possieda le qualità desiderate nell’altro, chiuse a chiave nel suo profondo. Una persona proietta nell’altro quello che ha bisogno che l’altro sia, per liberare energie e perché le parti bloccate di sé possano esprimersi. Ogni altra persona finisce con l’essere lo specchio di se stessi.
Quando si è fervidamente attratti da una persona si può dire che tramite la proiezione ci si è agganciati ad essa. L’altra persona però ha inconsciamente procurato il gancio alla proiezione.
Siamo intimamente connessi con quelli su cui proiettiamo parti di noi dal momento che, come dice Jung, tutte le proiezioni sono inconsce identificazioni con l’oggetto. Ad un livello subcosciente siamo fusi con loro, cioè non ci siamo pienamente differenziati da essi e neanche siamo entrati in relazione con loro come “altri”.
i Demoni
Una volta si parlava di spiriti e demoni, forze occulte che spingevano gli uomini ad agire in modo contrario alle loro migliori intenzioni. Jung li spiega in termini di inconsce forze psichiche e parla dell’ “essere posseduti”, come di un particolare stato della mente in cui certi contenuti psichici, i cosiddetti complessi, prendono il controllo dell’intera personalità al posto dell’Io, anche se temporaneamente, al punto da superarne la volontà.
Dunque sono i complessi (come il complesso della madre, del salvatore, di inferiorità o di potenza), che danno una forma agli archetipi e sono i punti nodali della vita psichica. Sono proprio questi i nostri demoni.
I complessi
I complessi sono parti della psiche che a causa di trauma o shock si sono come dire “separate” e hanno assunto una vita autonoma e apparentemente indipendente. Anche se siamo inconsciamente identificati con essi, i complessi ci appaiono come altro da noi, esterni, “demoni”, e creano dipendenza, costringendoci diabolicamente ad agire in modo contrario alle nostre intenzioni.
Tutto quello con cui siamo inconsciamente identificati ci possiede e ci spinge ad agire in un modo da noi non desiderato, senza capirne il motivo.
Un complesso agisce come un magnete, che attrae e assimila in se stesso qualunque cosa che ha una qualsiasi relazione con esso e in tal senso un complesso può determinare il destino di un uomo.
Identificazione e meccanismi di difesa
Freud scoprì alcuni meccanismi di difesa tramite cui ci si identifica inconsciamente con altre persone o valori. Per esempio l’interiorizzazione è l’integrazione di attitudini, valori e opinioni degli altri. L’introiezione è il processo con cui il soggetto riproduce il comportamento degli altri, in primo luogo dei genitori.
Tramite l’introiezione dei valori e dei giudizi dei genitori e della società in generale, afferma Freud, avviene l’interiorizzazione dell’autorità e la formazione del Superego.
Il Superego diviene la coscienza morale. Sotto l’influenza del senso di colpa l’Ego si sottomette al Superego, per paura di perderne l’affetto e la protezione. (Per lo stesso motivo il bambino si era sottomesso all’autorità dei genitori e li aveva interiorizzati)
Il senso di colpa, legato per Freud principalmente al complesso di Edipo, porta ad una tendenza all’autopunizione, al rimorso e a ripetuti fallimenti, rinunce e sacrifici.
C’è poi l’esempio classico dell’identificazione con l’aggressore. Molte volte l’abusato prende dentro di sé le qualità dell’abusante per controllare la paura, il dolore e l’ansia. Da vittima si trasforma in aggressore.
Jung però non era d’accordo con Freud sulla struttura della psiche. Riteneva che non fosse composta da Id, Ego e Superego, ma da inconscio personale e inconscio collettivo. L’inconscio personale conterrebbe tutti quegli elementi della propria vita che sono stati dimenticati, ignorati e repressi, bloccati dalla coscienza. Ognuno di noi ha nel suo inconscio un alter-ego.
Il demone molto spesso è l’inconscia identificazione con il proprio alter-ego.
Integrare i propri demoni
Abbracciare e integrare i propri demoni è un passaggio fondamentale per lo sviluppo della personalità. Può avvenire portandoli alla coscienza, sminuendone in questo modo il carattere di autonomia. Nel processo di integrazione è importante sperimentare l’archetipo all’esterno, cioè oggettivamente, come altro da se stessi, e dall’interno, come un’esperienza psichica.
Paradossalmente essere posseduti da un demone è la cosa che fa di noi degli “eroi”. E’ per lottare il demone che si attivano l’eroe e i poteri creativi latenti. Proprio il demone è fonte di creatività.
L’eroe infatti si attiva per reintegrare il demone ( simbolicamente sconfiggendolo) e ristabilire l’equilibrio, integrando il proprio opposto.
Differenziandoci dall’archetipo lo rendiamo conscio. Solo così, vedendolo come altro da noi stessi, come una entità autonoma, possiamo non cadere nella sua trappola ma possiamo integrare e canalizzare il suo contenuto e la sua energia.
gli Angeli
Un archetipo da poco ritornato alla ribalta nella cultura popolare è quello dell’angelo. L’angelo è un aspetto di noi stessi che se attivato ci porta ad una alterazione della coscienza.
E’ l’espressione spontanea e collettiva del nostro bisogno di ritrovare la speranza, in questo periodo angoscioso. Rappresenta il bisogno di credere, di ritrovare il bene e il bello, e di essere aiutati nella battaglia contro il male.
Come l’eroe, che rappresenta l’Io o la coscienza e il suo bisogno di integrazione con parti dell’inconscio, anche l’angelo riflette una parte di noi, un bisogno o un’aspirazione.
L’angelo è la rivelazione di un mondo spirituale
Guardare l’angelo è come guardare allo specchio quella parte di noi e prenderne coscienza. L’angelo è un messaggero di Dio e ci rivela la sua parola. E’ il mezzo con cui siamo spinti ad agire in modo più spirituale, a mettere in pratica la parola di Dio.
Essendo un messaggero di Dio, ci aiuta a riavvicinarci a Lui, o meglio ne è la rivelazione. Nel pensiero filosofico Dio è una entità superiore e spirituale che racchiude il tutto in sé. Dio è soprattutto amore, armonia, perfezione, bontà, verità, e la bellezza su questa terra o la presenza dell’angelo ne sono la sua rivelazione.
L’angelo incarna le qualità e le virtù a cui aspiriamo. Persegue verità, pietà, giustizia.
L’archetipo dell’angelo si attiva in un momento del nostro percorso spirituale in cui desideriamo che ci venga rivelato Dio o la più profonda spiritualità per esserne guidati. Non possiamo non pensare all’annunciazione della nascita di Gesù. Ma anche un incontro casuale con una persona che ci regala un sorriso o ci salva da una situazione incresciosa, che ci toglie da un guaio o ci regala improvvisa gioia ne sono esempi. E’ una breve rivelazione di un mondo di amore che c’è, anche se non si vede.
L’angelo è più di un messaggero, è anche una guida verso i misteri dell’anima e anche in questo caso riflette il nostro potenziale divino nascosto e non espresso. Ha il compito di illuminare la strada buia e di condurci verso la salvezza.
Sia che siamo coscienti che si tratti di una parte di noi, sia che la vediamo negli altri, l’angelo è pur sempre uno degli archetipi più belli che può aiutarci ad elevarci.
Si dice spesso che gli alieni sono tra noi, ma anche gli angeli lo sono!
Foto di Enrique Meseguer da Pixabay
GRAZIE.QUELLO CHE CERCAVO OGGI L’HO TROVATO QUI.
GRAZIE INFINITE.