Brian Molko dei Placebo parla di MTV Exit

source: Placebo’s Brian Molko chats about MTV EXIT
01 December 2008 on http://www.femalefirst.co.uk

Il 7 dicembre 2008 i Placebo saranno i protagonisti del primo concerto rock ad Angkor Wat in Cambogia, un tempio del 12° secolo tra i luoghi definiti dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Il concerto è prodotto dalla Campagna EXIT promossa da MTV per sensibilizzare ed accrescere la prevenzione riguardo alla tratta di esseri umani.
Abbiamo raggiunto il cantante Brian Molko per scoprire come si è creato una così incredibile reputazione, perché ha deciso di partecipare alla campagna e la cosa più importante, come ha cominciato a scrivere musica in primis.
Quando hai cominciato a scrivere musica?
Scrivo canzoni professionalmente da quando avevo poco più di venti anni ed ora ne ho 35. Il modo in cui mi approccio allo scrivere canzoni ora è probabilmente molto meno egoistico e meno concentrato su me stesso di quando ero più giovane.
Il tuo campo visivo cresce man mano che diventi più grande e quando diventi cosciente del fatto che non sei il centro dell’universo e cosciente che ogni tua azione ha un effetto sul tuo simile, diventi sensibile ad argomenti che sono al di fuori della tua vita personale ma diventi anche cosciente di come questi ti influenzano, perciò le cose di cui mi piace scrivere si stanno allargando un po’.
Come ha influito questo sviluppo personale sulla musica che fai?
Quando fai un disco ogni due anni cambi come persona ed in generale cambia la tua visione del mondo, che si riflette sempre nella musica. Il nuovo album probabilmente non è così triste come il precedente, che trattava con problemi di dipendenza. Questo qui è più sulla redenzione o riscatto e uscire fuori dal buio: è più ottimista.
Questa visione del mondo allargata e il modo in cui ti influenza creativamente è una delle ragioni dietro la decisione di partecipare alla Campagna EXIT di MTV?
Di sicuro, queste cose sono tutte connesse. La tratta di esseri umani è uno di quei problemi in cui in realtà tutti abbiamo un influsso, eppure potremmo non rendercene conto. Quando vieni a conoscenza che ci sono bambini che vengono costretti a lavorare come schiavi in aziende sfruttatrici per produrre vestiti o scarpe o quant’altro, allora in un certo senso siamo noi i responsabili di questo dal momento che siamo la domanda che compra questi prodotti.
Quando noi abbiamo sentito parlare della tratta degli esseri umani per la prima volta e del fatto che la schiavitù è ancora presente nel nostro mondo, che giovani donne sono forzate ad essere prostitute o che persone vengono abusare e sfruttate per produrre i prodotti che noi compriamo, questo ci ha risuonato profondamente.
La profonda cattiveria presente in alcuni esseri umani – come ci si può fare questo l’un l’altro. E’ scioccante. Volevamo prendere posizione contro questa cosa:e poterlo fare usando la nostra musica è davvero un grande privilegio.
Diventare padre come ha cambiato la tua visione del mondo in cui viviamo?
Mi ha reso più impaurito, onestamente. Ti accorgi di come i piccoli esseri umani possono essere vulnerabili, quando ne hai uno tuo li vuoi davvero proteggere. Quando c’è qualcuno nella tua vita di cui ti importa più che di te stesso c’è un enorme cambiamento in prospettiva nel modo di vedere il mondo.
Diventi cosciente di preoccupazioni che sono di gran lunga meno egoistiche. Ti viene voglia di interessarti al pianeta e alla società in cui viviamo perché in qualche modo ti senti responsabile del mondo. E’ il mondo che passerai ai tuoi figli nel quale dovranno vivere.
Che cosa ti ha fatto decider di partecipare allo show ad Angkor Wat?
Il problema della tratta degli esseri umani, insieme alla ubicazione dello stesso concerto, ci hanno reso molto eccitati e molto onorati per la richiesta di partecipare a questa causa estremamente utile. Sono già stato ad Angkor Wat prima come turista ed è uno dei posti più mozzafiato e unici in cui ho trascorso il mio tempo.
È anche un posto molto spirituale e calmante e perciò potervi suonare davanti è proprio straordinario. Sarà una bellissima esperienza. Sarà l’unico concerto che faremo quest’anno e sarà anche il primo concerto con il nostro nuovo batterista. Perciò sarà una speciale apparizione “eccezionale” prima del nostro nuovo album che uscirà l’anno prossimo.
Che tipo di show pensate di portare ad Angkor Wat?
Quello che stiamo cercando di fare come band è preparare qualcosa di molto speciale ed unico: uno show eccezionale. Una performance che non abbiamo fatto in passato che potremmo non ripetere in futuro. Stiamo provando ora a disgregare le nostre canzoni e farle a pezzi e rimetterle insieme in modi nuovi ed inusuali.
Siamo in una situazione in cui non siamo mai stati prima perciò è molto impegnativa e stimolante. Non sarà un rock show in pieno, con tutti i nostri amplificatori. Direi che sarà una performance semi-acustica: un misto tra strumenti acustici ed elettrici, più melodia che altisonanza.

Come può la musica, in particolare, la tua musica e la tua voce avere un impatto riguardo questo problema?
Per quanto riguarda il nostro gruppo di fan, penso che parliamo a persone che si considerano diversi – come un pesce fuori dall’acqua. Penso che questa sensazione rende le persone più sensibili all’idea del cambiamento sociale.
Comunque, non so se molti dei nostri fan ed il pubblico più vasto di giovani siano coscienti della tratta degli esseri umani. Non penso che capiscano che la schiavitù esiste ancora oggi. Penso che se possiamo renderli consapevoli che questo avviene giornalmente in tutto il mondo e ci sono persone in tutto il mondo che subiscono queste forme di schiavitù, e se questo li tocca profondamente allora spero che saranno ispirati ad impegnarsi per cambiare la situazione.
Questo è quello che possiamo fare come rock band: usare la nostra voce e la nostra musica per diffondere un messaggio e dire che questa situazione, la schiavitù, è inaccettabile, e che tutti possiamo fare qualcosa per combatterla. Non siamo politici, né capi di polizia. Possiamo solo cercare di cambiare le idee delle persone e ispirarli all’azione.
Potrebbe sembrare che quello che facciamo sia una goccia nell’oceano, ma ogni goccia aiuta.

Alexia Meli
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